Passione Civile

di Vito Tramontana

Dopo anni di sofferto silenzio, prendo penna e calamaio, metto nero su bianco, nella speranza che gli argomenti da me trattati servano a qualcuno e a qualcosa, a beneficio di tutti, cittadini comuni divenuti facili bersagli e vittime di ritorsioni e vendette a causa di una Giustizia malata, costellata di lotte intestine, di interessi privati in atti di Ufficio, di corsa alle carriere facili, e così via.

L’oggetto che tratto è, appunto, sulla Giustizia, quella scritta con la G maiuscola. Intanto, non condivido il pensiero di molti, largamente diffuso, emerso nell’acceso dibattito di questi ultimi tempi, e cioè che la paventata riforma della Giustizia, della quale tanto si parla, sia concepita ad personam e, come tale, da respingere in quanto vìola principi generali largamente riconosciuti, primo fra tutti quello dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge.

Per la verità, il punto merita una prima attenta osservazione, da parte di chi, uomo qualunque, ha subìto e patìto gravi ingiustizie, proprio in nome della Legge, di quella legge uguale per tutti.

La riforma della Giustizia serve, prima di tutto, a difesa dei cittadini, quelli comuni che rappresentano il popolo d’Italia, quelli buoni, e sono la generalità,  che vivono (o stentano di vivere!)  in ogni angolo della nostra terra: ogni giorno lavorando duro, con la fronte grondante di sudore, quelli che vengono sottoposti a soprusi e abusi perpetrati in nome della Legge, quei cittadini comuni che non hanno capacità economica per potersi e sapersi difendere (come altri fanno!), che sono rassegnati a sopportare, e quotidianamente sopportano, ingiustizie di ogni genere, e patiscono la fame per indigenza economica, e soffrono la galera per reati mai commessi. Quei cittadini comuni obbligati a scegliere la strada del crimine solo per disperazione, perché indigenti od anche perché stremati da comportamenti abusivi e persecutori, spesso vessatori, da parte della Legge e di chi, sul territorio, la Legge rappresenta.

Sono convinto, e per questo con veemenza scrivo, che la riforma della Giustizia serva, e sia necessaria ora più che mai, e subito, senza tentennamenti, non per cacciare dai guai qualcuno, quel qualcuno che non lesina occasione per mettersi nei guai,  quel qualcuno che, al limite del pudore, ogni giorno ostenta ricchezza, opulenza, e sperpera ricchezza.

La riforma della Giustizia serve per un motivo decisamente semplice, elementare, più forte e nobile di quanto si possa credere, o semplicemente pensare, ed è quello di tutelare, da azioni persecutorie non degne di uno Stato di diritto, tutti noi, persone comuni e semplici, che viviamo all’ombra, sopravviviamo a stento, alla giornata, nel silenzio, che siamo presenti nei luoghi più disperati d’Italia, ignorati e dimenticati dalla grande stampa, quest’ultima dominata da altri interessi, rampante in altri settori dello scibile, lontana dai grandi ideali e nobili principi a difesa del bene comune.

Ho tratto convincimento che i dibattiti a cui siamo abituati ad assistere, nelle principali trasmissioni televisive di ogni sera, siano effettivamente strumentali ad uno scopo, rivolti al fine di cambiare o sovvertire, con l’arma giudiziaria, equilibri politici democraticamente conseguiti. Il fatto, questo fatto, per sua natura è odioso: e, alla fine, il risultato è sotto gli occhi di tutti: il vero problema, sentito dal Popolo, quello di avere una Giustizia per tutti Giusta, con le G maiuscole, viene trascurato e abbandonato: sommerso dal fango quotidiano della menzogna e dell’arbitrio a tutti i costi. Costi quel che costi!

Quanto per entrare nel tema, vale la pena riportare, ora per allora, il contenuto di una mia accorata lettera inviata al Prefetto della provincia di Reggio Calabria e, per conoscenza, fatta pervenire al Ministro della Giustizia del tempo, in data 02.09.1994, a margine della sassaiola contro due Carabinieri di Platì, piccolo Comune dell’entroterra aspromontano.

Eccellenza,

ho seguito, in televisione, la sua visita nel Comune di Platì, ed ho ascoltato le sue parole in ordine ai fatti, senza dubbio incresciosi, che hanno visto coinvolti due Carabinieri e alcuni abitanti di quel centro, durante le fasi di arresto di un pregiudicato latitante.

E’ fuor di dubbio che episodi di quel genere appaiono inverosimili agli occhi del resto del Paese, ma sono il segno, allarmante, di una tensione allo stato latente, e di una cultura, o mentalità retrograda, ignorante, della quale bisogna vergognarsi, e liberarsi, ma con la quale, ahimè, bisogna fare i conti. Come calabrese, di avvenimenti come questi, diretti contro le forze dell’ordine, me ne debbo vergognare. E me ne i vergogno! Punto.

Per esperienza vissuta mi si consenta, però, di non unirmi al coro di condanna, sic et simpliciter.

Alla condanna, pura e semplice, e di solidarietà verso l’Arma veramente benemerita in un territorio veramente difficile, irto di pericoli, debbo aggiungere qualche legittima mia riserva. Ed è questa:

Alla base di quella tensione, e di quella inconsulta reazione, chissà  quante siano state, e continuano ad esserlo, le ingiustizie patite da quella gente, e quanti i torti e  soprusi sopportati con rassegnazione, primo fra tutti lo stato di precarietà sociale e di abbandono culturale : in quei luoghi, a volte, si vive come le bestie! Anzi, peggio delle bestie!

Voglio credere che i giovani di Platì, non a caso, vedano nell’Arma il nemico con cui confrontarsi ogni giorno, come in guerra. Voglio credere che ci sarà un motivo, ed una spiegazione, che attenua, ma assolutamente non giustifica, la responsabilità degli autori di quel grave gesto. Il professore Arlacchi, ancora prima di sentenziare, per come nella circostanza ha pubblicamente sentenziato, farebbe bene a studiare le cause vere, che stanno alla base di questo triste fenomeno da comprendere, e da combattere ovviamente : primo fra tutti l’ignoranza avica e atavica! E lo scrittore Giorgio Bocca, farebbe altrettanto bene ad entrare nel merito, dal punto di vista sociologico, di questa ribellione nei confronti di chi rappresenta la Legge, e la legalità di uno Stato colabrodo, che fa acqua da tutte le parti.

Capiremmo allora che inverosimili, agli occhi del resto del paese, risultano essere non solo i fatti testè narrati ed esaltati dalla grande stampa, ma anche quelli ignorati, e dimenticati, quasi non percepiti, costellati di atti persecutori e vessatori, a danno della gente buona di Calabria.

Ma, signor Prefetto, quale legge e quale legalità! Se ogni giorno se ne fa un uso spietato e molto spesso scellerato?!

Se non avessi nel sangue il dono della generosità, e quello della bontà, e mi scuso per l’immodestia a volte pure necessaria, sarei dovuto diventare, per le ingiustizie patite, un comune incallito delinquente.

Signor Prefetto, non mi dò pace, e non riesco a rendermi conto sulle cose che mi sono capitate, e delle quali Ella è a conoscenza, per averLa, passo dopo passo, tenuta informata. Non mi rendo conto come le autorità di questo Stato democratico e civile, di millenaria antichissima civiltà e memoria, possano e riescano , così tanto, a mistificare la verità, e renderla inestricabile con montagne di carte formato fotocopie, ed inventare ipotesi per costruire tesi, e renderle più o meno verosimili, e sostenere impianti accusatori che, molto spesso, sanno dell’incredibile.

Tutto perché spinti dalla voglia della rivalsa, o della vendetta,  o da quella di fare carriera,  e non certo dal desiderio di fare rispettare, giustamente, le leggi e le regole di uno Stato di diritto, libero e democratico, per la conquista del quale sono stati versati, in ogni angolo della terra, fiumi di sangue.

Nella qualità di sindaco di un piccolo e dimenticato comune della Calabria mi sono azzardato , negli anni passati, ad alzare la voce, e dire i motivi di una decadenza e le cause della cosiddetta delinquenza minorile, che trova il suo covo, o la sua culla, nei centri di campagna, o di montagna, e che sfocia al momento debito nelle grandi metropoli, come un incendio facilmente divampa nella foresta abbandonata.

Ho denunziato a Prefetti della Provincia e a Procuratori della Repubblica la inefficienza degli Uffici pubblici ed ho contestato l’assenteismo facile, ho denunziato lassismi e permessivismi, usi e abusi a danno della gente di campagna, obbligata a sopportare  le prevaricazioni e le persecuzioni, le intimidazioni e le selvagge perquisizioni domiciliari, ho detto che il territorio del mio piccolo paese era stato occupato dalle vacche sacre, simbolo della prepotenza mafiosa, ho detto anche che la stazione carabinieri del mio piccolo paese, in un’epoca caratterizzata da una feroce faida, quella di Cittanova, era in tutt’altre faccende affacendata, mentre sul territorio avvenivano delitti, si mietevano morti e non si scoprivano i colpevoli. Tutto questo ho detto, ed altro ho osato dire. A tempo debito ho ricevuto, e continuo ad avere, i riscontri e le risposte. Il benservito! Sto pagando il conto  per essermi consentito tutto questo, e per avere sottratto, a lor signori, un poco di tempo, obbligandoli alla lettura della mia corrispondenza fitta e tenace, quasi assillante, c.d. maniacale e disperata! Sono andato oltre, e sto pagando un prezzo. E’ vero. Ma non mi arrendo, e insisto e difendo le mie idee, e il mio programma, nonostante tutto.

Non voglio che la gente del mio paese un giorno possa vedere nelle forze dell’ordine il nemico da abbattere, e da contestare, o da insultare .

Voglio che la gente del mio paese creda nella Giustizia di uno Stato di diritto, come credo io nonostante tutto, a fatica, con grande sforzo, ma con molta speranza ed impegno civico. E non possa trovare spazio quel potere occulto e alternativo, fatto di arroganza e di prepotenza, di sangue e di violenza, che sta dietro l’angolo, che è la mafia!

Entro nel vivo della questione e riporto alcuni fatti e circostanze che, a prima vista, possono sembrare di interesse personale, ovvero strettamente privati. Se così fosse non esiterei un istante dal tediarvi, convinto, come sono fermamente, che i panni sporchi si lavano in famiglia e che non debbano essere portati fuori, e renderli di pubblico dominio. I fatti dei quali è mio intendimento parlarvi, scrivendo questo libro, interessano tutti i comuni mortali di questo paese, dal più povero al più ricco. Con una differenza, che il più forte ha mezzi e soldi per difendersi, e ritorna a galla. Il povero è destinato a soccombere, e soccombe, e muore, proprio perché non ha  mezzi e non ha soldi per difendersi.

 

MAI ATTACCARE I POTENTI, MEGLIO PRENDERRSELA CON I DEBOLI

Prima di immergermi nei  fatti che mi riguardano, ma che riguardano tutti i malcapitati della giustizia malata, appare utile, nel contesto di quanto appena detto,  richiamare alla nostra memoria un articolo di Francesco Alberoni, pubblicato nella rubrica, Pubblico e Privato del Corriere della Sera, tanti anni or sono. Il titolo è quanto mai significativo, attuale come oggi: Mai attaccare i potenti, meglio prendersela con i deboli.

“ Una delle cose più ripugnanti alla coscienza morale è la persecuzione dei deboli, l’aggressione di coloro che non sanno difendersi. Perchè contrasta con la più elementare regola di equità, perché offende chi si sente veramente forte. A noi tutti viene naturale aiutare un bambino piccolo che sta per cadere, proteggerlo se lo vediamo in pericolo. Eppure c’è, nel fondo dell’animo umano anche la tendenza contraria, sempre pronta a risvegliarsi. La vediamo apparire spontanea  nei ragazzi quando scelgono, nel loro gruppo, qualcuno da tormentare.Di solito, chi ha qualche difetto, chi è fragile, indifeso, lo punzecchiano, lo deridono, si divertono nel vederlo annaspare.E’ forse questa la reazione più antica, primordiale, appresa nella dura lotta per l’esistenza, in cui i deboli erano condannati e la società stessa si sbarazzava di loro, per esempio uccidendo i bambini malaticci e i vecchi.

Ed è pronta a risvegliarsi anche adesso, ogni momento, nelle nostre società civilizzate, nei nostri animi perbene, quando si crea tensione, scarsità, paura. Come quando la gente grida “al fuoco” in un teatro e tutti si accalcano alle uscite e calpestano coloro che cadono. Ma anche in situazioni meno pericolose . Prendiamo, come esempio, la trasmissione televisiva   di Maurizio Costanzo, forse la tribuna più aperta, dove tutti hanno la possibilità di presentarsi e di dire ciò che pensano. In cui, però, le persone sono di solito piene di tensione perché vogliono mettersi in mostra  e sanno che Costanzo le stimola, le provoca, ma sta a vedere come se la cavano. In questa situazione molto spesso  i partecipanti cercano istintivamente di trovare un personaggio debole su cui scaricare l’aggressività e la derisione, su cui infierire per apparire superiori.

Nelle città greche, quando c’era una qualche calamità o una pestilenza, quando la tensione cresceva oltre misura, prendevano un poveraccio e lo uccidevano. Lo chiamavano Pharmakos, da cui farmaco, medicina.

Ma non perchè lo ritenessero responsabile della sciagura. Anzi, gli erano riconoscenti per il beneficio che apportava a tutti con il suo sacrificio. Siamo molto più ipocriti e malvagi  noi moderni quando scegliamo un capro espiatorio. Noi vogliamo qualcuno da potere accusare, a cui attribuire la colpa. E non gli siamo riconoscenti dopo averlo massacrato, anzi diciamo che gli sta bene, che abbiamo fatto giustizia.

Sono processi che vediamo abitualmente in famiglia. Tutti se la prendono con chi è meno aggressivo, con chi non sa difendersi. Lo stesso nelle imprese. C’è sempre un funzionario bistrattato, a cui si danno gli incarichi più sgradevoli e si attribuiscono gli insuccessi.

Ma anche nella società tutt’intera c’è sempre qualcuno che viene preso di mira in modo particolare. Il sordo rancore che serpeggia verso chi ha successo, esplode non appena a questo disgraziato succede un inconveniente anche lieve, non appena inciampa. Pensate a Tortora, alcuni anni fa, o a Celentano, o oggi alla povera Sandra Milo. Sempre, comunque, uno debole, ferito. Non viene mai attaccato un potente, mai. E l’attacco diventa feroce solo verso le persone incapaci di difendersi. C’è molta viltà, in questo, accanto all’antico gusto di vedere il debole soffrire.

Come è più nobile lo sport, anche lo sport più violento come il pugilato. Perchè i combattenti devono avere lo stesso peso e pressappoco le stesse capacità. E l’arbitro interviene quando si accorge che uno dei due  non può più esistere ed è in pericolo”.

 

Seguirà seconda puntata

Vito Tramontana

 

Apriamo la maglieria di suor Michelina

Non so quanti di voi ricordano Suor Michelina e quanti di voi hanno in mente la Scuola dalla stessa diretta, negli anni 60, sotto il patrocinio della Parrocchia, nei locali dell’Asilo San Giuseppe, ala sud del fabbricato, che guarda la montagna, allo scopo costruita con i Cantieri Scuola finanziati dallo Stato.
Io sì, ricordo tutto: il laboratorio con le macchine da cucire tutte in fila, distribuite in ordine, e quelle della tessitura della lana per confezionare maglioni artigianali. E ricordo, anche, lo stuolo di leggiadre fanciulle, oggi splendide mamme, che ivi frequentavano, per apprendistato, dalle ore 8 alle ore 12, fino a quando il suono delle campane, e il centobotte della Torre, scandivano nell’aria il mezzogiorno: sulla fronte, il segno della croce e ritorno veloce a casa!
Non riesco a comprendere, e dare una spiegazione, perché mai la “maglieria di suor michelina”, all’improvviso, intorno agli anni 90, senza giusta causa sia scomparsa dalla scena e messa in liquidazione, e si fa per dire liquidazione, e non so chi debba assumersi la paternità di tale azione.
Comunque, acqua passata e tempo passato. Dato i tempi che corrono, mi viene però la voglia di prendere l’iniziativa destinata a far riaprire la scuola di maglieria, forti della esperienza passata e alla grande vissuta. Per fare ciò, ed allacciarsi al passato, prenderò contatti con le autorità preposte e con quanti hanno a cuore tale mio proposito! E’ tempo di mascherine e simili: è tempo di non perdere tempo e rimboccarsi le maniche per fare rientrare molti giovani a Molochio, nella loro casa d’origine. Aiutatemi a farlo!
Vito Tramontana

L’ Invettiva

ACQUA E SAPONE

un coso senza ali, con gambe strambe, da un pò di tempo passeggia per le vie del mondo, e tiene sotto tiro il mondo.

un coso da nulla, un coso di nulla, di per sé insignificante, un fetientello dicono a Napoli, fatto di materia grassa non vivente, spremuto in scatola, chiuso in gelatina, che si scioglie in acqua, e salta in aria come bolle di sapone.
Mistero:
un-coso-così, misero misero, miserabile, scritto in piccolo come vorrebbe guidogozzano, tiene sotto scacco sette e più miliardi di esseri viventi, distribuiti in tutta la faccia della terra, nelle disparate latitudini della sfera.
Fino ad ora, cosa inaudita, inverosimile; oggi e domani! ahimè vera e possibile: verosimile!
Questo virus: essere non vivente, senza cervello e privo d’intelletto, senza memoria e privo di talento, che spreme l’umanità intera, sotto torchio la interroga e la stringe come le vinacce, la fa tremare, annichilire, inorridire e ridurla all’osso, anzi in cenere.
Vito Tramontana

PALLA AL CENTRO

Gli accadimenti di questi giorni portano alla mia mente il campionato mondiale di calcio, a cui fanno capo i grandi paesi della Terra, cioè il mondo!

E’ noto: la manifestazione sportiva coinvolge, secondo una sequenza, dopotutto regolare, moltitudini di uomini, trascinati a vivere momenti di grande gioia quando vince la squadra del loro cuore; e portati a patire una grande sofferenza, nel caso contrario, quando perde la squadra del cuore.

Sul campo, per giocare, sono le squadre dei vari paesi del mondo, che si affrontano e confrontano a vicenda, in una altalena appassionante di vittorie e sconfitte, tanto da farne una graduatoria di merito finale e mondiale.

Sul campo un Arbitro, che si pone al di sopra delle parti e che comanda il gioco: da lui si parte e con lui s’arresta la gara! Con i piedi a terra, il suo ruolo nessuno lo nega, o rinnega!

Questa volta, nel caso che da vicino ci riguarda , e spaventa sportivi e non, l’arbitro della situazione è l’invisibile Signor X, codice 19, capace di stabilire le sorti del mondo, o anche, se ne ha voglia e si fa per dire, stendere a tappeto l’intera umanità, in un solo istante e a qualsiasi confine della Terra, in ogni parte del pianeta e decretarne il suo ko!

Sul punto, e per fortuna, tanto si discute. E ne discuto anch’io, povero misero mortale! In grande, ne ha discusso Manzoni con l’epilogo finale di Renzo e Lucia, sposi!

La storia è dalla nostra parte: un grande filosofo, Gianbattista Vico, secoli orsono, sosteneva che alcuni accadimenti si ripetono con le medesime modalità, anche a distanza di tanto tempo: ciclo e riciclo della storia; e ciò avviene non per puro caso ma in base a un preciso disegno stilato dalla divina provvidenza. La Divina Provvidenza: ecco perché Manzoni! E’ tempo che si cominci daccapo, forti delle vittorie acquisite e sconfitte patite!
Palla al centro

e ciascuno al proprio posto sul campo di battaglia, nel ruolo che Dio ci ha assegnato, rispettosi della natura che vuole il suo spazio, che rivendica le sue regole universali, imprescindibili e matematiche, per l’equilibrio, la bellezza e verità delle cose.

Vito Tramontana

Si riporta il testo autentico di un articolo pubblicato sulla rivista Financial Times a firma Mario Draghi.

Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shok che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile . Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni 20 è abbastanza una storia di ammonimento.

La pandemia di coronavirus è una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche. Molti oggi vivono nella pausa della propria vita, o in lutto per i propri cari. Le azioni intraprese dai governi per evitare che i nostri sistemi sanitari vengano travolti sono coraggiose e necessarie. Devono essere supportati. Ma queste azioni comportano anche un costo economico enorme e inevitabile. Mentre molti affrontano una perdita di vite umane, molti altri affrontano una perdita di sostentamento. Giorno dopo giorno, le notizie economiche stanno peggiorando, le aziende affrontano una perdita di reddito nell’intera economia. Molti stanno già ridimensionando e licenziando i lavoratori. Una profonda recessione è inevitabile.

La sfida che affrontiamo è come agire con sufficiente forza e velocità per evitare che la recessione si trasformi in una depressione prolungata, resa più profonda una pletora di valori predefiniti che lasciano danni irreversibili. E’ già chiaro che la risposta deve comportare un aumento significativo del debito pubblico. La perdita di reddito sostenuta dal settore privato -o qualsiasi debito accumulato per colmare il divario- deve alla fine essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci pubblici. Livelli di debito pubblico molto più elevati diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie e saranno accompagnati dalla cancellazione del debito privato.

E’ il ruolo corretto dello Stato distribuire il proprio bilancio per proteggere i cittadini e l’economia dallo Shock di cui il settore privato non è responsabile e che non può assorbire. Gli Stati l’hanno sempre fatto di fronte alle emergenze nazionali. Le guerre -il precedente più rilevante- sono state finanziate da aumenti del debito pubblico. Durante la prima guerra mondiale, in Italia e Germania tra il 6 e il 15% delle spese di guerra in termini reali, fu finanziato dalle tasse. In Austria-Ungheria, Russia e Francia, nessuno dei costi continui della guerra furono pagati con le tasse. Ovunque la base imponibile è stata erosa dai danni di guerra e dalla costrizione. Oggi è a causa dell’angoscia umana della pandemia e della chiusura.

La domanda chiave non è se, ma come lo Stato dovrebbe mettere a frutto il proprio bilancio. La priorità non deve essere solo quella di fornire un reddito di base a coloro che perdono il lavoro. Dobbiamo innanzitutto proteggere le persone dalla perdita del lavoro. In caso contrario emergeremo da questa crisi con una occupazione e una capacità permanentemente inferiori, poiché le famiglie e le aziende lottano per riparare i propri bilanci e ricostruire le attività nette.

I sussidi per l’occupazione e la disoccupazione e il rinvio delle tasse sono passi importanti che sono già stati introdotti da molti governi. Ma proteggere l’occupazione e la capacità produttiva in un momento di drammatica perdita di reddito richiede un immediato sostegno di liquidità. Ciò è essenziale per tutte le imprese per coprire le proprie spese operative durante la crisi, siano esse grandi aziende o ancora di più piccole e medie imprese e imprenditori autonomi. Diversi governi hanno già introdotto misure di benvenuto per incanalare la liquidità verso le imprese in difficoltà. Ma è necessario un approccio più completo.

Mentre diversi paesi europei hanno diverse strutture finanziarie e industriali, l’unico modo efficace per entrare immediatamente in ogni falla dell’economia, è di mobilitare completamente i lori sistemi finanziari: mercati obbligazionari, principalmente per grandi società, sistemi bancari e in alcuni paesi anche le poste per tutti gli altri. E deve essere fatto immediatamente , evitando ritardi burocratici. Le banche in particolare si estendono in tutta l’economia e possono creare denaro istantaneamente consentendo scoperti di conto corrente o aprendo linee di credito. Le banche devono prestare rapidamente fondi a costo zero alle società disposte a salvare posti di lavoro. Poiché in questo modo stanno diventando un veicolo per le politiche pubbliche, il capitale necessario per svolgere questo compito deve essere fornito dal governo sotto forma di garanzie statali su tutti gli ulteriori scoperti o prestiti. Nè la regolamentazione né le regole di garanzia dovrebbero ostacolare la creazione di tutto lo spazio necessario nei bilanci bancari a tale scopo. Inoltre, il costo di queste garanzie non dovrebbe essere basato sul rischio di credito della società che le riceve, ma dovrebbe essere zero indipendentemente dal costo del finanziamento del governo che le emette.

Le aziende, tuttavia, non attingeranno al supporto di liquidità semplicemente perché il credito è economico. In alcuni casi, ad esempio le aziende con un portafoglio ordini, le loro perdite possono essere recuperabili e quindi ripagheranno il debito. In altri settori, probabilmente non sarà così. Tali società potrebbero essere ancora in grado di assorbire questa crisi per un breve periodo di tempo, e aumentare il debito per mantenere il proprio personale al lavoro. Ma le loro perdite accumulate rischiano di compromettere la loro capacità d’investire in seguito. E, se l’epidemia di virus e i blocchi associati dovessero durare, potrebbero realisticamente rimanere in attività solo se il debito raccolto per mantenere le persone impiegate in quel periodo fosse infine cancellato.

O i governi compensano i mutuatari per le loro spese, o quei mutuatari falliranno e la garanzia sarà resa valida dal governo. Se il rischio morale può essere contenuto, il primo è migliore per l’economia. Il secondo percorso sarà probabilmente meno costoso per il budget . Entrambi i casi porteranno i governi ad assorbire una grande parte della perdita di reddito causata dalla chiusura, se si vogliono proteggere i posti di lavoro e capacità.

I livelli del debito pubblico saranno aumentati. Ma l’alternativa -una distruzione permanente della capacità produttiva e quindi della base fiscale- sarebbe molto più dannosa per l’economia e infine per il credito pubblico. Dobbiamo anche ricordare che, visti i livelli attuali e probabili futuri dei tassi di interesse, un tale aumento del debito pubblico non aumenterà i suoi costi di servizio.

Per alcuni aspetti, l’Europa è ben equipaggiata per affrontare questo straordinario shok. Ha una struttura finanziaria granulare in grado di incanalare i fondi verso ogni parte dell’economia che ne ha bisogno. Ha un forte settore pubblico in grado di coordinare una risposta politica rapida. La velocità è assolutamente essenziale per l’efficacia.

Di fronte a circostanze impreviste, un cambiamento di mentalità è necessario in questa crisi come lo sarebbe in tempi di guerra. Lo shok che stiamo affrontando non è ciclico. La perdita di reddito non è colpa di nessuno di coloro che ne soffrono. Il costo dell’esitazione può essere irreversibile . Il ricordo delle sofferenze degli europei negli anni 20 è abbastanza una storia di ammonimento.

La velocità del deterioramento dei bilanci privati -causata da una chiusura economica che è sia inevitabile che desiderabile- deve essere soddisfatta dalla stessa velocità nello schierare i bilanci pubblici, mobilitare le banche e, in quanto europei, sostenersi a vicenda nel perseguimento di ciò che è evidentemente una causa comune.

MARIO  DRAGHI  

Per i tempi che corrono, vale la pena riflettere sulle leggi adottate dai nostri governi e governanti, in questi ultimi decenni, per la sanità pubblica e privata.

E’ risaputo: la riduzione di spesa, per fare quadrare i conti dello Stato e delle Regioni è stata fronteggiata con l’introduzione di nuovi tetti di spesa, la riorganizzazione della rete ospedaliera e un diverso sistema di acquisto e gestione dei beni e dei servizi in ambito sanitario.

I risultati sono quelli che sono, sotto gli occhi di tutti: una sanità malata, che fa acqua da tutte le parti. Mancano i medici specializzati e abbiamo bisogno di infermieri, difettano le strutture e i piccoli ospedali minacciano di crollare, mascherine e camici sono diventate merce rara, mentre la gente muore e i contagi dilagano e si moltiplicano senza controllo.

Dieci e lode a chi ha inventato il metodo di stringere la cinghia chiudendo i rubinetti, senza prevedere il peggio che poteva verificarsi e che si è verificato: la morte del sistema sanitario!

La Calabria, con i suoi Piani di Rientro, vanta il bell’esempio. Risulta che la Regione, dal 2 agosto 2010 al 10.9.2009, per non andare oltre fino ad oggi 2020, ha adottato cinquanta, dico cinquanta, Delibere per migliorare la tecnica del rubinetto e della cinghia, e renderla più stringente, fino ad arrivare al collasso della sanità.

Mi viene in mente, così per caso, la storiella dell’asino e del suo padrone. Se può essere utile a far riflettere qualcuno, ve la riporto:

C’era, una volta, un contadino limitato di comprendonio. Oltre ad essere ottuso era, anche, tirchio, spudoratamente avaro. Voleva risparmiare su tutto, anche su l’aria che respirava. Un giorno disse, tra sé e sé: “il mio asino mi costa una fortuna di foraggio e biada. Mangia tre volte al giorno, uno sproposito! Se si abituasse a mangiare di meno, io potrei vendere il foraggio che consuma e guadagnerei dei soldi ! ” Così incominciò a diminuire un po’ alla volta la razione di foraggio e di biada. L’asino non poteva protestare e il contadino pensò che andava bene così. Intanto, la bestia continuava a lavorare dalla mattina alla sera nei campi. La razione di foraggio e di biada si azzerò quasi e il contadino era felicissimo. “Che stupido che sono stato prima! Ho sprecato tutto quel foraggio e quella biada per l’asino, quando avrei potuto vendere tutto e fare dei soldi!” Arrivò il giorno in cui la razione si azzerò del tutto: il contadino chiese all’asino: hai fame? L’asino naturalmente non rispose e il contadino pensò che tutto andasse a gonfie vele. Il mattino successivo, quando il contadino aprì la porta della stalla, vide il povero animale steso sul pavimento: era morto per la fame. Che disgrazia iniziò a gemere il contadino. Come sono sfortunato. Proprio adesso che si era abituato a stare senza mangiare, l’asino è morto!

Serva da lezione a quanti, novelli Quintino Sella, impegnati a fondo per il pareggio dei bilanci, da sprovveduti, hanno tirato e stirato la corda, tagliando le erogazioni senza la giusta ponderazione. E la corda non ha retto, e si è rotta!

Vito Tramontana

Per restare sul tema che ci attanaglia, eccomi a parlare di altro evento micidiale, passato inosservato in questi tempi e giorni : la morte delle Palme!

Anche qui, vengono chiamati in causa, per avere favorito il diffondersi della specie nell’area mediterranea, i crescenti scambi commerciali e le mutevoli condizioni climatiche dovute all’effetto serra, del quale molto se ne parla ma del quale nessuno, al mondo, pensa di prendere misure e provvedimenti appropriati, e ne paghiamo le conseguenze.

La specie è originaria nelle foreste tropicali dell’Asia, dove si nutre di palme selvatiche. La prima comparsa in Italia, di questo insetto, a partire dal biennio 2004-2005 , prima in Toscana e poi in Liguria, Sicilia e Calabria.

La pausa di questi giorni, giocoforza nel silenzio arcano di quanto mi gira attorno, porta alla mia memoria le gigantesche Palme delle Piazze Vittorio Emanuele, in agro di Molochio, rase (abbattute!) al suolo da un piccolo minuto insetto, di nome coleottero, che viene da lontano camminando sulle gambe proprie, che sono le ali delle quali è provvisto e con le quali sorvola i cieli e si sposta da un punto all’altro della Terra in cerca della preda: tutto per trovare nutrimento di legno e linfa all’interno del gigantesco fusto delle Palme.

Al contrario del più famoso virus, di cui oggi si parla, che, non avendo gambe proprie, e non essendo provvisto di ali, gira invisibile con i piedi altrui, sulle gambe degli altri, di quelle persone, anima e corpo, che poi si ammalano e diventeranno sue vittime innocenti. Sindrome dello sfamato!

Il punteruolo rosso, sempre al contrario del famoso coronavirus, è imbattibile perché svolge il ciclo biologico solitario e di nascosto, per lo più chiuso all’interno del fusto delle piante conifere, alle quali ne succhia il sangue (linfa) e ne divora il legno, fino ad abbatterlo e tracimarlo (trascinarlo!) a terra. Tanto è possibile essendo, la Palma, una pianta monocotiledone : per affossarla basta un solo colpo alla nuca (gemma apicale) posta alla sommità del fusto!

Anche qui, l’esperienza insegna che, per venirne fuori da questo morbo distruttivo e devastante, la fondamentale strategia di contenimento territoriale è l’unica arma per arrestarne la diffusione. Come?

La strategia di contenimento territoriale, dicono gli esperti, mira alla distruzione delle piante infestate, onde evitare che queste si trasformino in focolai di diffusione del parassita. In altre parole, piazza pulita, e terra bruciata attorno!

                                                                                    Vito Tramontana

Classe 1940, causa virus parcheggiato ai domiciliari.

Per sconfiggere la noia ne approfitto e mi diletto, penso e scrivo. Un attimo di pausa obbligata, lontano dai fragori e bagliori, cui siamo abituati e dai quali dobbiamo uscirne per continuare a vivere su questa terra: non so come!

A proposito della pandemia di oggi, Covid-19, ricordo di avere vissuto, a pieno titolo perché ne sono stato contagiato, la c.d. Asiatica, nell’anno 1957.

Altri tempi, e altri modi per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Più ignoranza, di massa, allora! Più consapevolezza, e conoscenza scientifica, oggi! Non so quale delle due condizioni sia quella da preferire per scongiurare l’impatto, e poter vincere l’angoscia, e tirare avanti come comanda Dio!

Ho voglia di colmare i vuoti della mia memoria, e apprendo, leggendo e rileggendo, che la pandemia dell’anno 57/58, caratterizzata da tre ondate violente, con germi patogeni oltremodo virulenti, ha causato la morte di milioni e milioni di persone.

Apprendo, anche, che dieci anni dopo, dagli anni 68/69 in poi e fino all’anno 77, numerose pandemie hanno sconvolto il mondo, con milioni di morti se la conta parte dall’inizio del secolo, quando è comparsa, terrificante, la Spagnola, famosa pandemia che ha piegato ( inginocchiato! ) il mondo.

Ogni volta, stessi sintomi e stesse cause, e medesime complicanze funeste soprattutto a carico delle persone anziane, perchè, dicono in tanti, sono affette da patologie croniche. Bella scoperta, grazie tante!

Questo il quadro della situazione storica del secolo scorso. Ci conforta un dato che è quello di constatare, ogni volta, che l’essere umano, anche quello di età avanzata, vince la battaglia, e resiste e continui a fiorire, ed ha gran voglia di vivere e di sognare, e segnare traguardi da brivido: 120 anni!

Ingenerosa la politica di JoHnson del Regno Unito, secondo il quale, questa volta, l’attacco alla malattia pandemica è da affidare alla immunità di gregge: il che significa consentire agli eventi ineluttabili della vita una falcidia di persone e cose, a beneficio delle novelle generazioni, che sono, o dovrebbero essere, più forti e vigorose, destinate ad acquisire l’immunità, ed uscirne indenni, avendo, solo per caso, prima contratto e poi vissuto la malattia.

Andiamo avanti. Nonostante l’occhio sinistro di JoHnson, la storia, anche quella lontana prima di Cristo, è dalla nostra parte: Vinceremo!

Vito Tramontana 

naufragi

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A margine dei naufragi
di ieri, oggi e domani

Vivaddio,
la Terra è di tutti,
bianchi e neri,
ricchi e poveri,
sani e malati!

10 maggio 2017
Vito Tramontana

Preghiera

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Una preghiera
nel processo educativo e formativo dei giovanissimi ragazzi.

Signore,
illumina questa mensa,
come il sole
irradia la Terra,
di tutti,
bianchi e neri,
ricchi e poveri,
sani e malati.
Grazie Signore,
di questi doni e di tanta gioia.

27 aprile 2017
Vito Tramontana